I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione
tra cibo, corpo e psiche
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo.
Le persone che ne sono affette sono spinte a mettere in atto una serie di comportamenti quali il dieting, le abbuffate, la selettività alimentare e condotte disfunzionali finalizzate a cercare di compensare ciò che si mangia. Tali comportamenti sono collegati ad una attribuzione di valore personale in base a quanto si ritiene di riuscire a controllare il cibo, il peso e il corpo e ad unagestione delle emozioni attraverso l’utilizzo del cibo.
Colpiscono prevalentemente il sesso femminile e insorgono spesso nelle adolescenti o nelle giovani donne e possono condurre a gravi complicanze mediche e psicologiche; influenzano molte aree di vita come la scuola, il lavoro, la famiglia e le relazioni sociali.
Avere un disturbo alimentare non è una scelta personale, per scegliere bisogna essere liberi e le persone con un disturbo alimentare non lo sono poiché, spesso in maniera subdola, si trovano imprigionate in un circolo vizioso dove comportamenti disfunzionali vanno ad interagire con emozioni e pensieri, con preoccupazioni sul peso e sulla forma del corpo dando luogo a spirali che mantengono e perpetuano il disturbo. I disturbi alimentari sono complessi e prevedono un lavoro che coinvolge diverse figure professionali.
Presso il Centro Clinico Igea è presente una equipe multidisciplinare composta da psicoterapeuti, dietista e medico, specificatamente formata che lavora in modo sinergico per garantire un trattamento ambulatoriale personalizzato e completo. In alcuni casi è possibile avvalersi della competenza di professionisti esterni come il medico psichiatra per completare la proposta di cura.
Rendersi conto di avere un problema alimentare non è facile. Se si nota un cambiamento delle proprie abitudini alimentari accompagnato da un’eccessiva preoccupazione per il peso e/o per la forma del corpo, potrebbe essere utile confrontarsi con uno specialista per un approfondimento e per capire come poter stare meglio.
L’ equipe operante presso il Centro Clinico Igea condivide un metodo scientifico di lavoro basato sui principi della terapia cognitivo comportamentale, indicato come metodo elettivo dalle linee guida NICE per il trattamento dei disturbi alimentari.
Equipe
Dott.ssa Erica Baroncelli
Dietista con formazione specifica su disturbi alimentari e obesità. Si occupa del programma di riabilitazione nutrizionale che permette di affrontare i problemi legati al rapporto con il proprio corpo e con il cibo da un punto di vista nutrizionale e psicoeducativo.
Dott.ssa Giuseppina Ferrarelli
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale.
Si occupa di diagnosi e trattamento psicoterapico ambulatoriale dei Disturbi del Comportamento Alimentare nell’infanzia e adolescenza e Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo.
Dott.ssa Valeria Rossi
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
Conseguimento del First Certificate Training in Eating Disorders and Obesity – Terapia Cognitivo Comportamentale dei Disturbi dell’Alimentazione (CBT-E) si occupa dell’inquadramento diagnostico e della psicoterapia ambulatoriale di adolescenti e adulti con disturbi alimentari.
Dott.ssa Veronica Santini
Medico Chirurgo Spec. In Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico. Si occupa della Valutazione del rischio fisico del paziente attraverso un accurato esame obiettivo e prescrizione di esami bioumorali. Esegue valutazione cardiologica con ECG, Visita ed Ecocolordoppler cardiaco 2D. Si occupa di prescrizione dell’Esercizio Fisico, individualizzata e adattata alle caratteristiche del paziente e alla storia personale.
I volti dei disturbi del comportamento alimentare
Quando si parla di disturbi del comportamento alimentare generalmente si fa riferimento ad anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder). Nonostante le manifestazioni sintomatologiche associate ad ognuno di essi siano differenti, ci sono elementi trasversali quali l’interconnessione tra autostima e percezione del peso e della forma corporea. Tale percezione è spesso alterata e la capacità di controllare la propria alimentazione, il proprio comportamento e il proprio corpo viene valutata come indice della propria forza di volontà e del proprio valore personale.
L’anoressia nervosa è un disturbo dell’alimentazione caratterizzato da restrizione alimentare che porta a un peso corporeo significativamente basso, paura di ingrassare e anomalie nella percezione del proprio peso. Nell’anoressia nervosa il controllo viene esercitato costantemente attuando una restrizione alimentare e spesso mettendo in atto comportamenti per cercare di compensare ciò che si mangia o per controllare il proprio peso come l’eccessiva attività fisica; la paura di ingrassare può essere molto intensa e generare preoccupazioni tali da rendere difficile concentrarsi su altro. In ottica cognitiva quello che sostiene le persone con anoressia nervosa nel loro disturbo è lo scopo del “non essere grasse”, uno scopo dunque espresso in negativo e malamente graduabile, mai raggiunto definitivamente che genera ricorrenti valutazioni di precarietà associate ad emozioni di allarme e timori di perdita di controllo. Al perseguimento di questo obiettivo si accompagnano la distorsione dell’immagine corporea, un’ossessione perfezionistica che riguarda le forme del corpo e il cibo che spesso si estende ad altri ambiti di performance, una iperfocalizzazione (sia cognitiva che comportamentale) sul cibo e sul corpo. L’anoressia, come gli altri disturbi alimentari, ha un’influenza significativa sul normale funzionamento della persona in diverse aree di vita (scuola, lavoro, relazioni) e può portare a gravi conseguenze sulla salute fisica.
La bulimia nervosa è un disturbo dell’alimentazione caratterizzato dalla presenza di abbuffate ricorrenti, connotate dall’ingestione di grandi quantità di cibo in poco tempo con la sensazione di perdita di controllo, seguite dalla messa in atto di condotte disfunzionali ed inappropriate finalizzate ad evitare l’aumento di peso. Anche le persone con bulimia vivono un’intensa paura di aumentare di peso e sono alla ricerca di un controllo sul cibo e sul corpo. Spesso le persone con bulimia sono normopeso. La bulimia, come gli altri disturbi alimentari, ha un’influenza significativa sul normale funzionamento della persona in diverse aree di vita (scuola, lavoro, relazioni) e può portare a gravi conseguenze sulla salute fisica.
Il disturbo da alimentazione incontrollata (traduzione italiana del termine inglese Binge Eating Disorder – BED) è caratterizzato dalla presenza di abbuffate in assenza (a differenza della bulimia nervosa) di comportamenti di compensazione con un conseguente aumento di peso.
Le abbuffate sono caratterizzate dall’ingestione di una grande quantità di cibo in poco tempo con la sensazione di perdere il controllo a cui si associa spesso: il mangiare più rapidamente del normale, mangiare sino a sentirsi spiacevolmente pieni, mangiare in assenza dello stimolo della fame. Le persone che soffrono di un disturbo di alimentazione incontrollata presentano episodi di abbuffata frequenti spesso associate a un tentativo di alleviare, controllare, regolare emozioni che
hanno difficoltà a riconoscere e/o tollerare. Sperimentano sensi di colpa e intensa insoddisfazione corporea, spesso si impongono una restrizione dietetica senza riuscirci se non per brevi periodi. Tale difficoltà ha un’importante risonanza sulla considerazione e stima di sé. Il BED, come gli altri disturbi alimentari, ha un’influenza significativa sul normale funzionamento della persona in diverse aree di vita (scuola, lavoro relazioni) e può portare a gravi conseguenze sulla salute fisica.
Altri disturbi, secondo il manuale di classificazione dei disturbi mentali più aggiornato (DSM-5), rientrano tra i “disturbi della nutrizione e dell’alimentazione”, tuttavia, è importante sottolineare come le diagnosi siano solo delle etichette utilizzate allo scopo di semplificare la comunicazione tra professionisti e siano solo la fotografia di quello che sta accadendo in un dato momento.
Spesso la persona che soffre di un disturbo alimentare tende a manifestare sintomi differenti nel tempo e quindi a “migrare” da una diagnosi all’altra. Pur tenendo conto della manifestazione sintomatologica, è utile adottare un’ottica più comprensiva che permetta di leggere i comportamenti osservati come indice di un disagio diverso e unico per ognuno.
L’ARFID o disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo è un disturbo introdotto nel 2013 dalla quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), che ha unito in un’unica categoria diagnostica i disturbi della nutrizione dell’infanzia con i disturbi dell’alimentazione. Capita di vedere bambini etichettati come “schizzinosi” o sentire una mamma che dice che il proprio bambino rifiuta di mangiare le verdure o mangia solo alimenti di una determinata consistenza o colore; si tratta di bambini con una spiccata selettività alimentare che non sembrano essere interessati al cibo. Questi bambini possono presentare caratteristiche simili all’anoressia nervosa ma senza riportare la paura di ingrassare e la preoccupazione per il peso e la forma del corpo propri di questi disturbi. In molti casi, fortunatamente, l’alimentazione selettiva non ha un’influenza negativa sullo sviluppo psico-fisico, perché il bambino mantiene un introito calorico adeguato, e si risolve spontaneamente nell’adolescenza, quando la pressione dei pari si associa ad un allargamento della varietà dei cibi assunti. In un sottogruppo di bambini, però, l’alimentazione selettiva può compromettere in modo significativo la crescita e lo sviluppo e, in alcuni casi, soddisfare i criteri diagnostici del disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo (ARFID).
La diagnosi di ARFID si pone quando si verifica un persistente fallimento nel soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche che determina una (o più) delle seguenti conseguenze:
– perdita di peso significativa o fallimento di raggiungere l’aumento di peso atteso o inadeguata crescita nei bambini;
– deficit nutrizionale significativo;
– funzionamento dipendente dalla nutrizione enterale o dai supplementi orali;
– marcata interferenza con il funzionamento psicosociale.
Nell’ARFID sono stati proposti tre sottotipi:
– evitamento del cibo per un’apparente mancanza d’interesse per il mangiare o il cibo (una condizione chiamata anche disturbo emotivo di evitamento del cibo);
– evitamento sensoriale del cibo, in cui l’evitamento del cibo è legato alle sue proprietà sensoriali quali l’aspetto, l’odore, la consistenza, il gusto o la temperatura;
– evitamento del cibo dovuto alle preoccupazioni per le conseguenze avversive del mangiare, come il soffocarsi, il vomitare o lo stare male.
In questi pazienti sono anche comuni sintomi come il dolore addominale, la nausea e la malattia da reflusso gastroesofageo. È da sottolineare che, sebbene questa suddivisione sia clinicamente utile quando si effettua la formulazione del caso, i sottotipi dell’ARFID non hanno ancora ricevuto una validazione empirica. I pazienti con questo disturbo tendono ad essere più giovani rispetto a quelli con anoressia nervosa e bulimia nervosa (colpisce appunto l’età pediatrica) e che, rispetto a questi disturbi, il disturbo sembra colpire un maggior numero di maschi. Inoltre, il disturbo presenta una frequente comorbilità per i disturbi d’ansia e, in alcuni casi, per il disturbo da deficit di attenzione/iperattività e i disturbi dello spettro autistico.